ALESSANDRA CARNAROLI
Ex-voto
Ex-voto di Alessandra Carnaroli rappresenta un punto di tensione radiante di ciò che potremmo definire pacificamente, quanto a stile, minimalismo poetico, mentre invece, quanto al contenuto, il libro dà libero sfogo al raggrumo denso e rappreso di un argomento talmente complesso da trattare da risultare quasi impedente per una parola poetica liricamente intesa: l’agonia della malattia in un letto d’ospedale, fenomenologizzata in tutte le sue infinite evenienze stocastiche, in una sorta di elencatio cerea e dimessa di occorrenze nosocomiche descritte nella loro immediata e sconfortante datità, senza ulteriori filtri o premure estetiche se non una versificazione anch’essa immediata e matericamente grezza, diretta, completamente desacralizzata dal vestimento sindonico del rispetto del dolore. Non c’è infatti la minima percezione di una qualche possibilità di trascendenza o di salvazione nel sacro così come non si avverte alcun segno di cristificazione per questa lista di soggetti sofferenti costretti al letto d’ospedale, nella coacta abiezione del morbo terminale e nel rischio della perdita della propria dignità, condizione di umanità assoluta di cui nel libro nemmeno si parla. Anzi, l’umanità la si ignora volutamente in direzione di una precisa volontà: quella di mostrare, senza la minima retrostanza etica o morale, l’orrore puro, la pura atrocità del morbo, priva di filtri e di mezze misure.
La poesia di Carnaroli interpreta la malattia nel puro atto tragico-grottesco del disfacimento fisico e morale, senza alcun tentativo di recupero salvifico della materia poetica prescelta da parte della poesia stessa, ormai completamente sfrondata da qualsiasi aura alla Walter Benjamin, come anche del proprio abituale compito civile, pedagogico ed etico. La morale che emerge dal cinismo versificatorio della Carnaroli viene così a delinearsi in verità come una sorta di antimorale, di annullamento o raggiungimento del grado zero della pietà e dell’humanitas, laddove la compassione si “toglie” hegelianamente e si cambia di segno, raggelandosi in un antidescrittivismo dialogato, in cui figure spaesate e spaesanti di malati, moribondi, figlie figli mariti padri madri parenti di ogni sorta ed estrazione si rimpallano l’un l’altro la sofferenza in una visionarietà stralunata ed oppressiva, affondando le zanne dello humour noir più surreale e bretoniano nella pasta materica informe della decadenza e della morte incombente. L’atmosfera asfittica e dark cabaret che ne deriva assume intensità elevate di disagio, smascherando a sua volta le convenzioni sociali che vigono in materia di dolore e malattia, prima fra tutte quella in base alla quale, non si sa bene per quale assunto morale o legge precostituita, non si dovrebbe mai sorridere o sghignazzare del dolore o della morte, ancorché artisticamente o poeticamente rappresentate. (Sonia Caporossi)
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Premio Bologna in Lettere
IV EDIZIONE – 2018
SEZIONE A
Opere edite
Presidente della giuria
Enzo Campi
Giurati
Giusi Montali, Daniele Barbieri
Sonia Caporossi, Enea Roversi, Enzo Campi
FINALISTI
Gabriel Del Sarto
Il grande innocente
(Nino Aragno editore)
Ida Travi
Dora Pal
(Moretti & Vitali)
Alessandra Carnaroli,
Ex-voto (Oèdipus)
Lella De Marchi
Paesaggio con ossa (Arcipelago Itaca)
Paola Silvia Dolci,
I processi di ingrandimento delle immagini
(Oèdipus)
Fabio Orecchini
Per Os
(Sigismundus)
PRIMO CLASSIFICATO
Alessandra Carnaroli, Ex-voto (Oèdipus)
SECONDO CLASSIFICATO
Ida Travi, Dora Pal (Moretti & Vitali)
TERZO CLASSIFICATO
Fabio Orecchini, Per Os (Sigismundus