La scrittura di Alessandra Corbetta non è lirica, anzi è una scrittura anti lirica con improvvisi e bruschi passaggi dal sovrasenso al sottosenso. È una questione di posizioni quindi: ciò che sovrasta e ciò che si sottopone. Per dirlo con le parole dell’autrice (tra l’altro in una poesia dedicata), ciò che è sasso e ciò che è poesia. La soluzione è quella di camminare in bilico tra il peso e il contrappeso, di trovare cioè il giusto equilibrio di una terza posizione, che ponendosi nel mezzo trovi il suo movimento nell’espansione, nella dilatazione . Un verso come “urge la pazienza della lievitazione lenta” è decisamente indicativo in tal senso.
Se dovessimo definire questa scrittura in senso figurato si potrebbe dire che è una scrittura che procede per piccoli schiaffi, per leggere spinte. Una scrittura che non scivola ma saltella, ovvero una scrittura che non si accontenta di contenere in nuce il sasso ma si impegna a mostrarlo, esibirlo, estenderlo perché si comprenda che è l’elemento primario della sua natura. In quel salto il sasso vive. Non è un sasso deposto, è un sasso vivo e vegeto e che si definisce non tanto nei corpi che investe , quanto nel tragitto, nel suo volo, nel suo spostamento da un corpo all’altro. In una strofa come questa:
Ha per prezzo
il lancio folle della moneta,
caduta a terra
nel cappello del mendicante.
se la moneta può essere giustamente considerata come un sasso, ciò che conta non è il cappello dove la moneta porrà fine al suo tragitto vitale, ciò che conta è il lancio. Il cappello è il significato ultimo, il lancio è il significante.
Nelle teorie strutturaliste o post-strutturaliste il metodo della casella vuota è quell’espediente, quel dispositivo che permette lo spostamento dei significanti da una struttura all’altra, ma anche – aggiungo io – da una micro-struttura ad un’altra micro-struttura all’interno della stessa struttura, posto che una struttura sia formata da tante micro-strutture, che in realtà dovrebbero essere considerate come anti-strutture perché solo un insieme, o meglio una serie di anti-strutture può formare una struttura, ebbene: Corbetta sembra usare questa tecnica – in poche parole si tratta di spostare le tessere di un puzzle usando proprio la casella vuota per muoversi, per riposizionare i singoli elementi. Questo riposizionamento è in realtà uno sposizionamento, che si potrebbe definire diversamente funzionale. Funziona, crea cioè movimento, energia, tensione solo a seguito di una spinta, di una sferzata che non crea né cerca necessariamente un legame tra le varie parti, sembra anzi votata a far crollare il ponte, forse perché a seguito del crollo diventa poi possibile lavorare sulle macerie per ricostituirle in una nuova struttura.
Per questo ho ipotizzato che la scrittura non scivola ma saltella, non fluisce lungo una linea, ma salta da una linea all’altra, lasciando dietro di sé come un vuoto da colmare, un vuoto che spetta al lettore riempire, qualora si ritenga necessaria una pratica di tale tipo. In realtà, il lettore edotto non dovrebbe riempire i buchi disseminati dall’autrice, casomai dovrebbe ulteriormente svuotarli. Come che sia, se è la stessa autrice ad informarci che “l’addio è solo una partita /che ricomincia”, non sarà del tutto illecito per noi lettori raccogliere quel sasso e rilanciarlo verso l’autrice, invitandola così a ri-proporre i suoi sposizionamenti, perché è questo quello che lei ci chiede, o che sembra chiederci. (Enzo Campi)