Christian Sinicco, Alter (Vydia)
Sezione A – Opere edite – Finalista
Linguaggio, distopia e utopia nella raccolta Alter di Christian Sinicco
“La poesia mi ha fatto comprendere che non possiamo essere così sicuri di cosa accadrà, ma che in una misura breve, quasi impercettibile, il suo seme dipende da ognuno di noi, da me oggi, da te domani.”: sono le parole con cui si conclude la nota intitolata Ospitare il futuro, che fa da postfazione alla raccolta Alter di Christian Sinicco e che porta la firma dell’autore stesso.
Che cosa possiamo leggere in queste parole: una confessione, una dichiarazione d’intenti, la verifica di un elemento fattuale o forse, non ultimo, un incondizionato atto d’amore nei confronti della poesia?
Ripercorriamo a ritroso la nota di Sinicco: il poeta all’inizio si pone il seguente interrogativo: “Esiste qualcosa che si può intravedere e oltrevedere nel linguaggio, con i linguaggi?” e usa proprio questi due termini: intravedere e oltrevedere, vedere dentro e oltre la dimensione del linguaggio, dentro e oltre il silenzio e la parola. Una risposta, o meglio un’ipotesi di risposta il poeta la trova e dichiara: “Forse è la poesia. Mi interessa la poesia come una trasmissione di fondo che pervade il linguaggio esattamente come il residuo della radiazione prodotto dal Big Bang, perché il linguaggio non è un esclusivo mondo verbale, è anche preverbale.”
Sinicco indaga il linguaggio e le fonti d’ispirazione a cui esso attinge. Gli stimoli visuali e verbali sono onnipresenti, circondano l’uomo e occupano l’ambiente in cui egli vive: non vi si può sottrarre.
Attraverso essi e con essi si può sentire e vedere, anzi oltrevedere (per dirla con il poeta) il presente e provare ad immaginare quello che verrà.
L’espressione ospitare il futuro che l’autore usa è una splendida ed efficace rappresentazione della propria poetica, del proprio pensiero: Sinicco lamenta l’incapacità dell’essere umano di andare oltre la visione del presente, come se fosse vittima di una paura nei confronti dei cambiamenti. Ecco che quindi il poeta si cala nei panni dell’esploratore all’interno dell’immaginario: un ricercatore di suoni e visioni che, dopo essere stati accuratamente rielaborati e selezionati, si fanno linguaggio poetico.
Uscita nel 2019 per Vydia edizioni d’Arte, Alter è suddivisa in due sezioni intitolate rispettivamente Città esplosa e Alter e, per ammissione dello stesso Sinicco, hanno avuto due cammini assai differenti: mentre la prima parte, infatti, è stata scritta in breve tempo nel corso dei primi mesi del 2001, la seconda ha avuto al contrario una gestazione piuttosto lunga.
In Città esplosa, titolo del resto piuttosto eloquente, assistiamo alla raffigurazione di un futuro distopico, in cui la città intesa come habitat, ma anche come archetipo della vita sociale, scompare, si dissolve.
Lo scenario è apocalittico, da dopobomba: si può annegare nel caldo violetto di una / radiazione, tra leoni di fuoco e mostri mitologici, cavalcare il ponte della pestilenza, attraversando un paesaggio in cui ci si imbatte in una stazione centrale semiabbandonata oppure in palazzi con profonde spaccature, invasi d’edera.
I versi si rovesciano progressivamente sulle pagine per sequenze disomogenee: l’uso dello spazio e delle spaziature in Sinicco diventa elemento caratteristico e distintivo della propria scrittura, pur con riferimenti e rimandi significativi.
Alle pagine 19, 20 e 26, per esempio, la disposizione dei versi può far pensare a Bomb di Gregory Corso e d’altra parte si parla anche qui di un’esplosione.
Emergono anche, inevitabilmente, riferimenti alla letteratura di fantascienza e in particolare a Philip K. Dick, a film quali Blade Runner oppure ai fumettisti di scuola francese Enki Bilal, Moebius, Caza e alla rivista Métal Hurlant che fu vero e proprio manifesto di quella scuola.
La colonna sonora ideale per la poesia di Christian Sinicco potrebbe essere invece Dead Cities, storico album del 1996 del duo britannico The Future Sound of London, in cui la musica elettronica si mescola con sonorità ambient e suoni post-industriali.
La Città esplosa però, nonostante tutto, vive ancora nei petali, come recita l’incipit del terzultimo testo di questa sezione e gli ultimi versi ribadiscono che esiste uno spiraglio di speranza: vive goccia di ghiaccio / questa Babele / vive.
Nella seconda parte della raccolta, intitolata Alter, protagonista è un essere ultraumano (come lo definisce l’autore stesso): ne seguiamo la descrizione particolareggiata, con un uso della lingua e della forma diverso rispetto a Città esplosa.
È una catalogazione e i titoli dei testi potrebbero essere presi da un manuale d’ istruzioni: NOME, MACCHINA, FORMA, SOSTANZA, MODELLO .
Alter è la macchina programmata, il nuovo essere del nuovo mondo, la creatura artificiale capace di provare sensazioni umane: io posso camminare e ho visto una fragola.
La distopia lascia il posto all’utopia (l’utopia può offrirsi in una goccia): si susseguono visioni di natura e del mondo animale, a sottolineare quanto sia imprescindibile il rapporto tra uomo e ambiente e quanto l’uomo debba imprimerselo nella mente come assioma.
Appaiono immagini come una distesa di azzurro, calda meraviglia, dinamiche di abbagli, attaccamento alla vita, il linguaggio è mutato rispetto a Città esplosa: le due parti sono apparentemente assai distanti tra loro, eppure sono complementari.
Sinicco ha messo insieme due elementi distinti, quasi avesse effettuato un’ apparentemente inimmaginabile ricongiunzione dopo una fissione.
Il risultato è senza dubbio quello di un’opera riuscita: una raccolta poetica in cui i concetti di tempo e spazio, di utopia e distopia, di linguaggio e immagine vengono studiati e rielaborati con innate capacità linguistiche e stilistiche e nella quale il lettore può perdersi con la certezza di trovare, sempre, una via d’uscita. (Enea Roversi)
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