Premio Bologna in Lettere 2020
Sezione B (raccolte inedite)
Fabrizio Miliucci, Saggio sulla paura – Finalista
Siamo scesi fino al grado zero dell’umore e della scrittura: “Certi giorni io avrei solo voglia di fare una grande fiammata e di scriverci sotto questa è la vita. Certi altri non ci penso nemmeno, e penso piuttosto a mettere un passo e poi un altro.” Anche la forma poetica è ridotta all’osso -la maggior parte dei testi sono prose poetiche e le poesie in versi tendono alla prosa.
“Di una cosa mi interessa innanzi tutto il punto di rottura”, afferma l’autore, ma il punto di rottura nella raccolta sembra non arrivare mai. La pervade uno stato di sospensione che non si risolve. E’ la condizione umana del non abbastanza: si può essere quasi disperati, quasi folli, ma non lo si è mai del tutto. Manca qualsiasi elemento risolutivo in questa condizione esistenziale: lo stesso autore descrive la sua scrittura come “avanzi di un cantiere mai concluso”. Precarietà lavorativa, precarietà esistenziale, humor nero colorano scene di vita quotidiana che scorrono sotto gli occhi del lettore e che un malumore ironico salva dal grigiore, in una prosapoesia bukowskiana venata di amaro compiacimento. Emerge una cupa vena fantastica, un tetro incantamento che -specie nelle pagine dedicate alla città di Roma- sfocia a volte in una sorta di inferno felliniano.
E’ interessante lo sforzo di dare forma poetica a una materia -la condizione psicologica del precario- che di solito è oggetto di articoli di giornale e di libri di cattiva letteratura. Ci sono passi potenti (“Si finisce per credere che solo la frattura sia fertile, salda”; “rimane uno spazio fra lʼattesa a cui mi condanno e le poche parole che scrivo”) che attirano violentemente l’attenzione su se stessi all’interno di una scrittura rutilante, che evoca la perenne sospensione di una condizione lavorativa che si trasforma in condizione esistenziale, di un tarlo che si trasforma in una tara e finisce per condizionare ogni elemento della personalità e della visione del mondo di chi ne è affetto. La prosapoesia di Saggio sulla paura indaga tutto questo nella psicologia dell’autore stesso con onestà e senza idealizzazioni, senza però evitare un certo narcisismo e cadendo talvolta nella verbosità. Rastrellare la pagina, ripulirla avrebbe dato luogo a una scrittura più potente, a un’indagine più spietata dentro la psicologia del precario. (Giorgio Galli)