Premio Bologna in Lettere 2020 – Nota critica di Daniele Barbieri a Trasparenza di Maria Borio

Premio Bologna in Lettere 2020

Le note critiche agli autori segnalati della Sezione A (Opere edite)

Maria Borio, Trasparenza (Interlinea)

 

 

La presenza di un limite percorre tutto il libro di Maria Borio. È come se alla realtà non si potesse che arrivare attraverso la mediazione di un vetro, specchio, finestra o schermo che sia. Le cose ci sono, e sono quotidiane, intense, percepite; ma è come se non potessero davvero essere toccate. Talvolta si riducono a nomi, persino; nomi scritti sul monitor, astrazione dell’astrazione. Talvolta sfumano in concetti matematici, in astrazioni logiche. Una coppia di versi, nelle ultime pagine del libro, espone in modo particolarmente chiaro la situazione: “il grande vetro di questi edifici / e il cibo profondo negli organi”.

Eppure non c’è dolore, non c’è angoscia in questa separazione dal mondo. Anzi, la trasparenza sembra l’unica sintesi possibile a un rapporto con il mondo che è insieme diretto e indiretto, sentito e ragionato, viscerale e cerebrale. Il trasparente che la terza parte del libro tematizza è a sua volta un oggetto da percepire, un vetro o un’acqua da toccare.

Anche le parole si riflettono nelle parole, attraverso una forma espositiva fatta di ritorni, di termini pivot, su cui il discorso sembra ruotare, come impossibilitato ad abbandonare le sue posizioni, le sue stesse rappresentazioni, le cose che sono rispecchiate nelle parole. C’è in realtà tantissima vita in queste poesie, ci sono relazioni, affetti, abitudini, cose, ma è un po’ come se la vicinanza che a volte il discorso tradisce dovesse poi, presto o tardi, rivelarsi illusoria. Il mondo non può che arrivarci filtrato dall’astrazione, che sia verbale, logico-matematica, informatica, o anche solo quella malinconica e distaccata che viene prodotta dai finestrini del treno.

In questa dicotomia di realtà e astrazione, non è del tutto chiaro da che parte stia il puro e da che parte l’impuro, i due termini che intitolano le due prime sezioni del libro, e che una Nota al testo che l’autrice ne pone al fondo spiega come una coppia di tesi e antitesi, di cui il trasparente (che intitola la terza sezione) rappresenterebbe la sintesi; e in questo movimento di Aufhebung si racconterebbe la trasparenza. “La sintesi del mondo digitale è il grande vetro attraverso cui traspaiono il puro e l’impuro mescolati, l’umano e il non umano, la velocità e la prospettiva”. Il grande vetro è ovviamente quello di Duchamp, l’autore la cui arte, da un certo momento in poi, è consistita nel negare l’arte, nel relegare l’espressione, di natura romantica, all’interno dell’astrazione, del concettuale.

Maria Borio non è altrettanto estrema. Di espressione, in Trasparenza, ne rimane in ogni caso tanta, ma deve comunque passare attraverso le mediazioni del trasparire. Non si arriva mai a toccarla direttamente (Daniele Barbieri)