Premio Bologna in Lettere 2020 – Nota critica di Giacomo Cerrai a Sunny-side di Alessandra Corbetta

Premio Bologna in Lettere 2020

Le note critiche agli autori segnalati della Sezione C (Poesie singole inedite)

Alessandra Corbetta, Sunny-side

 

 

Sunny-side o del lato nascosto del Sole

 

La vita, a pensarci bene, è così: una serie di cose minoritarie, di cui ci si ricorda perché sono segnali, tracce, immagini parassite, orme, insomma eventi in fondo non memorabili. Cose minoritarie perché non hanno vinto, o fanno parte di una vita con qualche sconfitta. Sono una opposizione di sé, ovvero sono lì ad avanzare ancora domande a tempo scaduto, poiché sono accadute irreversibilmente. E tuttavia hanno la prerogativa di offrirsi ad uno sguardo laterale ma non ambiguo, mostrano superfici meno note ma che diventano significative, cioè acquistano un senso dove non ne avevano allora, quando, ad esempio, si era “detto sì senza saperne il senso, sbagliandone il significato”, come scrive l’autrice. Superfici che, insomma, “riflettono” qualcosa. Nei versi di Alessandra Corbetta ci si ritrova come testimoni di una specie di abbandono all’insorgenza forse casuale di questi segnali che però tracciano come una mappa parallela del vissuto, che rivendica nei versi il diritto alla scrittura, quindi alla rilevanza. In un certo senso l’accaduto non genera un rimpianto impotente, in questi versi. Poiché con essi trova posto nel poetico, è una testimonianza emotiva, assume nella sua esistenza di fatti non eroici una dignità propria. Sono per lo più ricordi rifugio, come quando di una persona non più presente ci vengono alla mente senza preavviso minuzie che ci fanno riflettere o sorridere. Semplicemente perché segnano una regressione ad un tempo ancora da accadere, un “angolino dove posso avere vent’anni di meno”, come scrive Corbetta. “Anche noi, ricordi?” scrive altrove, rammentandosi di un gioco erotico giovanile, che “credevamo fosse facile – bloccare l’ascensore, intrecciarci le mani, bastarci”, un come eravamo che si rinnova sotto diversa specie. La scrittura di Corbetta ha la qualità per chi legge di rendere questi momenti sufficienti e necessari, conclusi in sé, fatta com’è di una volontà di dire senza fronzoli, per sprazzi iconici che rimandano a un breve scenario complessivo, con un uso accorto di un carattere del  linguaggio poetico fatto di allusioni a cose o sentimenti che in fondo abbiamo provato tutti (un amore giovanile, una città di cui ti ricordi un caffè, un viale, un’insegna rossa), come se l’autrice ci raccontasse cose per passi semplici, con parole semplici, di situazioni in cui, sì, in fondo ci siamo ritrovati tutti, in quei momenti un po’ sospesi, un po’ nascosti a noi stessi, quasi immobili nel tempo, che solo dopo ti accorgi di aver vissuto veramente.  (Giacomo Cerrai)