Premio Bologna in Lettere 2020 – Nota critica di Andrea Donaera a Acqua di Laura Costantini

Premio Bologna in Lettere 2020

Le note critiche agli autori segnalati della Sezione B (Raccolte inedite)

Laura Costantini, Acqua

 

 

Un addensarsi di luoghi, con tutto un apparato di realia che si avviluppa in una scrittura memoriale e descrittiva; la raccolta Acqua di Laura Costantini si autodetermina come un processo poetico nitido e consapevole, dove emerge la lucidità di una scrittura liscia, fresca (e oscura) come l’elemento che fornisce il titolo all’opera e che domina quasi poematicamente il corpus di testi proposti.

Tra incursioni nel mondo culturale civile ed escursioni verso l’alt(r)o – linguistico, letterario e a suo modo mistico – il lirismo di Costantini risulta piacevole per la sua genuinità, per la nudità con cui espone quesiti («Cos’è l’acqua se non la più dolce delle Tue creature?»), mantenendo il discorso amoroso come un sottofondo, un tema demiurgico furente ma sopito. Quello che tale scrittura genera è un immaginario altamente personale, per lunghi tratti insondabile, imperscrutabile, a momenti caotico, lisergico, visionario – alla maniera di certi episodi di Laura Pugno – ed è così che la fluidità della scrittura acquisisce fondamento estetico: la poesia di Acqua è uno scorrere lungo i bordi di vissuti residuali, croste esperienziali, affondamenti nei grumi della riflessione («ma l’aria pure è tutta vino / il mio passo sfrenato sopra il vino / della terra acquattata in un moto di resurrezione / saprà d’ergersi nel colore dolcissimo del vino / a Dafne non importa non importa non importa»).

Talvolta scivolosa (verso un citazionismo eccessivo o verso scelte sintattiche desuete), ma sicuramente in molti momenti ben calibrata, la poesia di Costantini non erompe vistosa (fortunatamente, visto il buon esito), così come non rompe con la tradizione a cui afferisce (la cultura classica e il Novecento germinato da e dopo Elliot). Un desiderio di personalizzazione letteraria è però ben focalizzato, e passa dall’approccio riservato al monologismo lirico. L’esposizione di sé avviene infatti attraverso lo sgranamento di posti e nuclei, di visioni e distorsioni («Lei era un po’ d’oriente / – sotto Lei sotto me / ogni cosa era ormai bianchissima / di lì a poco da sondrio sarebbe giunta una parola / gravida e sottile, purificata nel silenzio / delle valli lombarde / – c’è un uomo che non sa dimenticarmi»).

Ne consegue un’opera che si snoda tra passaggi che nel giro di pochi versi diventano familiari. Una raccolta che però utilizza il mezzo poetico per annodare: per eviscerare l’attorcigliamento liquido di un amore – intendendolo suggestivamente come pratica di esondazione (Andrea Donaera)