Bologna in Lettere 2021
Il festival online
Premio Bologna in Lettere 2021
Sezione A (Opere edite)
Vincenzo Ostuni
Faldone zero-trentasette (Poesie 1992-2010 – Estratti, II)
(Oèdipus edizioni)
Fissità e precarietà: il faldone poetico di Vincenzo Ostuni
La parola faldone rimanda alla burocrazia ministeriale, all’archivio polveroso di un ente o di un tribunale, a un susseguirsi di stanze piene di anonime scaffalature, ognuna traboccante di cartelle altrettanto anonime in cartoncino rigido, chiuse da due cordicine di stoffa: i faldoni, appunto.
Ogni faldone racchiude dentro si sé una piccola o grande storia, fatta di documenti dattiloscritti, veline sottilissime, fotocopie ormai sbiadite, fogli allegati e spillati ad altri fogli: ogni foglio numerato e timbrato, ogni dossier catalogato.
Eppure, quanta precarietà in quei contenitori: un foglio può facilmente scivolare via, fuori dal faldone, oppure può finire fuori posto, vanificando la stabilità del precedente ordine di catalogazione.
Vincenzo Ostuni sembra partire proprio da qui, nell’elaborazione del suo progetto poetico Faldone: nei suoi testi ci sono la fissità e la precarietà insieme.
Il poeta fissa sulla carta un pensiero, un fatto, un elemento: li cataloga, ma al tempo stesso si rende conto di quanto essi siano provvisori, precari e di come possano poi cambiare nel corso del tempo ed ecco quindi che riprende quei testi per modificarli, per rimettere mano a un ordine che non sarà più uguale a com’era.
Se si va alla home page del sito www.faldone.it si legge la descrizione del progetto: “Il Faldone è un libro di poesie che cambia nel tempo. Il suo autore è Vincenzo Ostuni.”.
E non serve aggiungere molto altro alla lapidaria essenzialità di questa dichiarazione di poetica in forma di epigrafe, se non che è un progetto che parte da lontano.
La prima idea di un’unica scrittura che muta e cresce nel tempo risale addirittura al periodo dell’adolescenza di Ostuni, mentre la prima stesura prende corpo nel 1998.
Da allora si sono susseguite varie versioni dei diversi stadi che compongono il faldone ostuniano: la versione premiata a Bologna in Lettere 2021 è quella edita da Oèdipus nel 2018 all’interno della collana Croma K curata da Ivan Schiavone, porta il nome di Faldone zero.trentasette e raccoglie poesie scritte tra il 1992 e il 2010.
Il Faldone 1. Cosa si può usare inizia con il verso «Raccogliamo le immondizie d’Occidente», ti dico; «le mettiamo nei sacchi alla rinfusa e da subito ci appare un particolare dell’universo poetico di Ostuni, ovverosia l’osservazione da vicino, anzi da dentro, del quotidiano, con quell’immagine riferita al barbone scalzo e scappellato di Piazza dell’Unità, a Roma.
Si manifesta da subito, fin dal primo testo, il disegno mirato alla catalogazione, con l’uso delle elencazioni: di juta, di carta, di plastica oppure agápe, spirito e predestinazione; / utopia, felicità, mercato, diavolo; / e per ultimi significante, significato, significazione; per arrivare alla dichiarazione di poetica del faldone, laddove Ostuni scrive ne facciamo poi file ordinate, di tre o di sette o dieci; e, in seguito, a compimento della dichiarazione d’intenti aggiunge riuniamo in tutto un unico faldone.
Nella sezione successiva, intitolata Faldone 4. Personal identity, l’io narrante ostuniano svela particolari di sé: Registro in un pedante obituario fino ogni particola spostata, in questo luogo; e ancora Navigo a vista. Vado remigando, occupato nel gesto, al resto poco intento. A volte è il noi che si sostituisce all’io nella narrazione: Non siamo fatti per setacciare neutrini mutanti, tempi avvenuti o non avvenienti, mentre ricorre il tu a cui il poeta si rivolge, in un dialogo quasi costante. È un tu che può rappresentare una figura compiuta e perfettamente definita, ma al tempo stesso (senza voler scomodare per forza Kant) un’antinomia, o quanto meno un soggetto in grado di generare dubbi: si prendano a esempio i versi Non credo che tu – qui tu è una variabile – che tu sia / in un momento in qualche luogo: la variabile è qui un elemento che destabilizza narratore e interlocutore.
Le sezioni successive del libro di Ostuni s’intitolano: Faldone 6. Tiritì tiritì, Faldone 19. Macchine, animali, Faldone 31. Pissoir grado zero, Faldone 35. Ricorda di scriverne una, Faldone 36. Oggetti bizzarri, Faldone 37. Istruzioni semplici per uomini futuri e per finire, in qualità di appendice il Faldone 9. Comune presenza e il Faldone 18. Nékroi.
Colpisce, tra i vari aspetti della scrittura di Ostuni, quello di delimitare i propri versi da virgolette e poi da una parentesi tonda, quasi a voler definire qualcosa che, lo sappiamo per espressa dichiarazione del poeta, non è affatto definito, ma è invece un perpetuo work in progress, una costruzione testuale in continua mutazione.
Se pensiamo all’etimologia della parola faldone, che deriva dal germanico falda, abbiamo un’idea di stratificazione: così la suddivisione dell’opera poetica ostuniana in faldoni, poi in testi numerati e quindi ogni testo delimitato da parentesi tonde e virgolette, potrebbe essere definita una stratificazione.
Non si prendano affatto per chiusure questi limiti (valicabili, tra l’altro) che il poeta dispone nella sua opera: non siamo di fronte al cartello con la scritta No trespassing che delimitava l’ingresso dello Xanadu nel wellesiano Citizen Kane, qui non c’è nessuna torre d’avorio insormontabile e non c’è alcun poeta distante e distaccato.
Al contrario, la poesia di Ostuni, pur nella sua complessità, è quanto mai aperta verso il lettore e, del resto, l’intero progetto del Faldone è improntato, per propria natura, all’apertura.
Attraverso l’uso del verso lungo, che spesso fatica a rimanere all’interno della pagina e per il quale più di un critico ha accostato la poesia di Ostuni a quella di Sanguineti e Pagliarani, il poeta ci introduce nel suo archivio personale, nella sua ricerca linguistica operata con rigore scientifico e con una profonda e non comune conoscenza della letteratura: Faldone è di sicuro un’opera poetica di notevole importanza, per la progettualità e per il risultato ottenuto, anche se siamo consapevoli che non si tratta di un risultato finale.
(Enea Roversi)