Enea Roversi
La natura, il tempo e i tempi – Nota su Necessità e grazia di Paola Parolin
Questa nota Inizia andando a ritroso e più precisamente partendo dal libro di Paola Parolin intitolato E uscire alfine, pubblicato nel 2018 per i tipi di Cierre Grafica / Anterem Edizioni nella collana Via Herákleia – Forme della poesia contemporanea, ideata da Ida Travi e Flavio Ermini e curata da quest’ultimo.
Rosa Pierno, nella sua postfazione, lo definì, con attenta esegesi e con felice percezione: “Un poemetto sul tempo come labirinto. Quel tempo che, pieno di tacche e segni, non consegna però nessuna chiave per essere decifrato e in cui nessun momento è maggiormente significativo di un altro.”
Se dunque quel libro era imperniato sul concetto di tempo, su che cosa è incentrata, invece, l’attenzione di Paola Parolin nella sua raccolta inedita intitolata Necessità e grazia?
Inizialmente ho pensato che natura fosse la parola chiave di questa silloge e il primo testo in essa contenuto sembrerebbe non lasciare dubbi in proposito, dal momento che inizia con i seguenti versi: cespugli selvatici / sono nati a dispetto tra i sassi del terrapieno / traspaiono / verde acquario / suggestioni di natura.
Appare fin da subito, quasi come una dichiarazione di poetica.
Proseguendo nella lettura ci si imbatte poi nei versi fugace allusione di primavera / poi tradita / nel sentore della città / alla ricerca di natura e, negli ultimi testi della silloge, troviamo un tempo galantuomo intorno a benevola natura e infine all’acqua inefficace natura.
Si ritrovano, nei vari componimenti di Necessità e grazia, numerosi elementi naturali quali il bosco, il prato, le radici, l’acqua: parole che l’autrice dissemina come fossero indizi.
Eppure, analizzando la silloge, non ero del tutto convinto di questa chiave di lettura: la natura c’è ed è pure un elemento importante all’interno della scrittura di Parolin, ma non è elemento esclusivo, ve ne sono altri che si affacciano dai testi.
Ho provato a ragionarci e ho estrapolato questi versi, che mi hanno particolarmente colpito: è scardinato l’equilibrio / non svela percorsi nuovi / la vita / un guscio frantumato / ricomposto poi in un film al contrario.
Mi sono chiesto: se fosse un film, quali immagini vedremmo, quali scene riempirebbero lo schermo e a quale tipo di narrazione visiva assisteremmo?
Ho quindi immaginato Necessità e grazia come se fosse un unico, lungo e ininterrotto piano sequenza e del resto questa breve silloge si potrebbe leggere tutta di seguito, senza pause, come se fosse un unico testo.
L’immagine del film al contrario mi ha riportato poi al concetto di tempo: il tempo vissuto, che scorre e che non riusciamo a fermare. Non abbiamo a disposizione un tasto moviola per farlo andare lentamente, per soffermarci su un singolo istante, per fissarlo come un fotogramma: è qui che Paola Parolin concentra secondo me la sua scrittura.
È il tempo, con il suo passare, che ricorre anche in questa silloge, come nel già citato E uscire alfine, cui Necessità e grazia è legato a doppio filo.
Compare con numerose sfaccettature, nei versi di Parolin, il tempo: il prima e il dopo, tempo di attesa, secondi minuti ore giorni, memorie di tempo, lo spazio-tempo per citare soltanto alcuni esempi, così come compaiono gli strumenti di misurazione del tempo (meridiane clessidre orologi oppure l’orologio digitale di Times Square).
E oltre al tempo l’autrice scandaglia i tempi in cui viviamo, affrontando il rapporto uomo-natura, con echi di Zanzotto che sembrano riaffiorare in alcuni punti, uno per tutti: quello in cui l’autrice descrive le radici contorte degli alberi imprigionate nell’asfalto, imprimendo un disegno disarmonico del marciapiedi sollevato.
Troviamo immortalati in Necessità e grazia brevi flash di vita quotidiana: (rimase appeso alle sue quattro mattonelle / un lavandino / vecchio impudico), la culla e il camposanto, il rosa dell’abito a festa, così come pure è frequente il richiamo al dolore (la parola ferita appare più di una volta) e quelle pietre di inciampo citate in uno degli ultimi testi richiamano alla mente una delle più grandi tragedie della storia.
Parolin affronta ogni tema, anche i più duri, con una levità da cui traspare profondità: con un rimando alla poesia di Nelo Risi, che in questo era indubbiamente un maestro.
Necessità e grazia è, per concludere, una riflessione sul tempo e i tempi e quelli che stiamo vivendo necessitano sicuramente di maggior grazia: forse la poesia, in questo senso, può essere utile.
Paola Parolin è nata a Verona nel 1952. Medico in Verona, è sposata con due figli. Ha partecipato ad alcuni laboratori poetici coordinati da Ida Travi negli anni 1998-2008. Ha pubblicato nel 2003 la raccolta in versi Interni Esterni Interni. Nel 2007 ha pubblicato con altri due autori la raccolta poetica Trittico della sera di carta (Cierre Grafica). Nel 2011 ha pubblicato il libro Parola Corale (Anterem Edizioni, collana Via Herákleia), con prefazione di Gio Ferri. Del 2018 è l’ultimo libro di poesie E uscire alfine (Anterem Edizioni, collana Via Herákleia), con postfazione di Rosa Pierno, recensito da parte di Giorgio Mancinelli sul sito della rivista letteraria libera La Recherche. Dal 2006 al 2017 è stata segnalata più volte al Premio Lorenzo Montano. E’ entrata nella selezione dei finalisti al Premio Elio Pagliarani 2020. Ottiene il premio speciale della giuria al concorso Bologna in lettere 2021. E’ inserita nell’elenco dei poeti italiani del sito web Italian Poetry. E’ cofondatrice dell’associazione culturale Spazio Cordis, attiva dal 2018 in Verona, che si prefigge di valorizzare e supportare il lavoro di giovani artisti di arte contemporanea italiana e internazionale presentando mostre monografiche.