Una lodevole capacità di restare aderente alla realtà pur nella traduzione della poesia. Perché il verso inesorabilmente, quando esente da mero sfogo personale, è traduzione e riscrittura del reale. Il linguaggio è lo strumento che un poeta lima per trattenere il tempo e i luoghi. Entro i suoi limiti, ovviamente, perché come tutto anche il linguaggio nasce col difetto dell’avere un bordo (un confine, un muro, una possibilità di visione o d’udito). Quando declinato in poesia, però, va oltre sé stesso come quelle particelle subatomiche che non superando la velocità della luce la oltrepassano, facendosi beffa delle regole come le ali di un calabrone. Ecco quindi la metafora, che in Gamberini assume forma e immagine di renna: “Le renne sono disobbedienti la Vigilia di Natale” […] “le renne hanno fame” […] “Roma mi scorre accanto e io quasi la ignoro, / pinguini in libera uscita e renne nude” […] “Santa Claus dava sonniferi alle renne / ma loro pensavano fossero caramelle” […] “Le renne aspettano, invano, la Befana” […] “Santa Claus dava sonnifere alle renne / per evitare il jet-lag”. Una narrazione poetica sulla realtà che mette in relazione Santa Claus (“Santa Claus era atteso al binario ma ha rinunciato”) e renne misurandone la distanza, quasi la distopia del rapporto. Senza che questo venga direttamente indicato. La metafora infatti, pur avendo dei contorni ben definiti, è capace di un’apertura che lascia al lettore l’immedesimazione, la traduzione. Il pezzo mancante che è il punto forte di una poesia sempre molto concreta. Le citazioni non mancano, gli appelli, come quelli a Bill Gates, a Giorgio Morandi, a Giulio Cesare che si rifà a una Roma molto presente, alla pallottola “conficcata nella Luna” di Georges Méliès, al Moby Dick di Melville, alla Marilyn di Warhol quanto all’equazione di Boltzmann che a una lettura più attenta appare molto più significativa di quel che sembra (l’equazione, semplificando, ha attinenze con la conoscenza della posizione di una particella, quasi a dire lo spaesamento in cui versa la società e che è, più che il filo conduttore, il tono portante dei versi). Un’opera compatta, pregevole, poliedrica e senza sbavature.
(Alessandro Canzian)