Alessandra Greco
Se, con Gustav Sjöberg, «materia semplicemente designa il processo di autogenerazione incessantemente differenziato che è proprio della natura», con la relativa «impossibilità di distinguere tra momento formante e momento formato», il percorso di ricerca battuto da Alessandra Greco testimonia, opera dopo opera, un inesausto tentativo di manipolazione della materia poetica poieticamente intesa, orientato tanto al superamento della diadica distinzione tra contenuto e forma quanto alla disgregazione della natura monolitica del linguaggio. Ne (scrizione che il cervello sia uno spazio geografico e architetturale), tratto da NT (nessun tempo), edito da Arcipelago Itaca nel 2020, la scrittura si fa scrizione pura, densità massima di concettualizzazione grafica, conseguita in virtù di una incessante manipolazione del bilanciamento chimico tra quota semantica e cifra semiotica, nella primordialità psichicizzata di un actus scribendi autotrofo. Greco opera, con lucidità chirurgica, un costante innesto di tecnicismi, segnatamente di matrice anatomico-fisiologica, all’interno di un tessuto testuale multilingue e pluristratificato che innesca, in simultanea, fulminei processi di traduzione orizzontale e verticale. L’eclissi dell’interpunzione ne ratifica l’abdicazione all’ancestrale funzione logica tributatale nell’uso comunicativo tradizionale, in favore di una trama di spaziature generatrici di vuoto microcosmico. In Del venire avanti nel giorno, Libro Azzurro, uscito con Lamantica Ed. – e, segnatamente, in (portare insieme. diverso collage) – il dire autoriale ricalibra sulla misura dell’elencatio espansa e definitoria un algido andamento parascientifico, minuziosamente condotto a fini esplorativi dell’osmosi analogica tra natura e ψυχή. Quasi in un esercizio di fill blanks partenogenetico, le spaziature gemmano lineette singole e doppie che coabitano, in proporzione variabile negli spazi bianchi, annullando o permutando all’infinito i rispettivi ruoli funzionali. Infine, nella silloge di prossima pubblicazione per Nova Limina, Anterem “_ __” Greco mostra un’ulteriore evoluzione ascensionale, in termini di sperimentazione, del proprio iter poeticum, del quale riconferma nel contempo lo stile differenziale. Al fine di evitare che la simbiosi mutualistica tra le eterogenee componenti del testo finisca col combinarle in soluzione ipersatura, con esiti annichilenti dei rispettivi portati distintivi, l’autrice altera la curva di saturazione, regolandola sul principio di solubilità inversa. In ragione di ciò, i compositi innesti linguistici, le manipolazioni tipografiche e le mutazioni interpuntive, unitamente al polimorfo apparato para-testuale, conglomerano come stratificazione di precipitati solidi che densificano il testo, ne alterano la velocità del fluire, rendendone sensorialmente e concettualmente esperibile ogni fattore costituente: «in questo modo la sua rapidità diventa normale da uno spazio vuoto nel quale siamo svegli». (Maria Laura Valente)