Stefano Massari
Stefano Massari è un artista nella cui attività la parola e l’immagine si integrano in modo efficace: egli è infatti videomaker e, tra i suoi vari progetti, mi piace ricordare zona disforme, il format di videopoesia ideato e gestito da lui insieme a Carlotta Cicci, sua compagna nell’arte e nella vita.
Massari ci legge oggi alcuni testi dalla sua ultima raccolta, uscita nel 2022 per MC Edizioni e intitolata Macchine del diluvio, raccolta che tra l’altro ha già ottenuto importanti riconoscimenti a livello nazionale.
Per essere più precisi si tratta di un testo, suddiviso in diciassette strofe, che potremmo anche definire un breve poemetto, dal titolo (roma – corale) e dedicato per l’appunto a Roma, città natale di Massari.
chiunque tu sia – perduto dio – incompiuta bestia / divisa in due – straziata – abbandonata sul lato buio / della strada in festa – prendi questa città gloriosa / prendila intera: inizia così, con questi versi, il testo di Massari e subito ci rendiamo conto di essere catapultati in una Roma ben diversa da quella dei dépliant turistici. Qui non siamo al cospetto della Grande bellezza che pure appare, con il suo carico ingombrante e luccicante di meraviglie, ma siamo piuttosto in una periferia dai contorni pasoliniani, una zona buia e scontrosa, ben lontana dai riflettori, popolata di uomini, donne e bambini che lottano ogni giorno.
Pur essendo il testo giocato sul filo del ricordo, Massari non indulge certo in sentimentalismi o in edulcorate immagini, preferendo usare un linguaggio crudo che non lascia spazio a fraintendimenti ed ecco quindi che i suoi versi ci parlano di anni alveari, delle mani imputridite dei mercati e poi le case rabbiose e anche i crani di fratelli e sorelle liquefatti troppo presto / troppo presto.
Appaiono i bambini aghi che scavano tra i rifiuti, la bellezza siringa, leggiamo dei corpi magrissimi fratelli – in posizione di urina e rivoluzione: la strada è lo scenario in cui si muovono i personaggi evocati da Massari e nella strada i corpi (parola che ricorre tre volte in questo testo) si muovono alla ricerca di qualcosa che possa somigliare il più possibile a una vita.
L’autore non fa sconti, è diretto: le sue parole sono immagini di vita reale, l’occhio del videomaker risalta nella scrittura, due metà della mela che combaciano perfettamente, come si diceva all’inizio.
Più che a Pasolini, la cui anima pure aleggia in questi versi, mi piace accostare al testo di Stefano Massari tre autori assai trasversali al mondo della poesia e legati comunque a Roma, vale a dire Remo Remotti e Victor Cavallo (due schegge impazzite che hanno navigato tumultuosamente nell’arte, nel cinema e nella poesia) ed Eros Alesi detto Pasticca, splendida meteora della beat generation italiana, che visse una breve stagione tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta.
È comunque inoppugnabile che (roma – corale) rappresenti un atto d’amore di Massari nei confronti della propria città e del resto chi nasce a Roma e da Roma se n’è andato, non vede l’ora di ritornarvi, come enunciato nei versi che concludono il testo e che recitano: chiunque tu sia allora sillaba contro sillaba / corpo madre cardinale giura che posso / ancora pronunciare questo ennesimo addio […] che finalmente posso entrare nell’unica tua / temperatura dell’alba perfetta e finale.
Si parla, per l’appunto, di un ennesimo addio al quale farà seguito, giocoforza, un ennesimo ritorno. (Enea Roversi)