Colpi di Voce – Le note introduttive – Nerio Vespertin vs Diego Baldassarre

DIEGO BALDASSARRE

 

            Dalle celeberrime “Ultime sigarette” de “La coscienza di Zeno”, di Italo Svevo, passando per le galoiuse di Sartre, nella letteratura moderna ci si è spesso imbattuti nel sottile filo di fumo di un esistenzialismo amaro e provocatorio, una linea di pensiero che oscilla fra tedium vitae e bisogno di riscoprire l’essenziale. Intese ora come metafora di un’attesa infinita, ora come rivendicazione d’indipendenza, le sigarette sono diventate la scusa per pesare ogni singolo respiro, dai primi, giovani e leggeri dell’infanzia, fino a quelli più brevi della piena maturità.

            Raccogliendo lo sprone di queste e altre riflessioni di natura esistenziale, la poetica di Diego Baldassarre si colloca sotto la luce di una riflessione articolata, fatta di fughe nella fantasia e di solitudini meditative, dalla sua ultima raccolta intitolata appunto “Memorie di un Tabagista” (2021), fino ai suoi componimenti più ermetici e ricercati, come nella sua raccolta “6090” (2019) o gli inediti precedenti, riproposti oggi in una lettura nuova. Procedendo per gradi, dal respiro verde di un bosco, a quello più rarefatto di chi è abituato a nascondersi per studiare ogni mossa del destino, per difendersi senza combattere.

            Obbedendo al bisogno dell’essenziale, tendenza cara alle più recenti correnti esistenzialiste, i versi del Baldassarre appaiono brevi e diretti, quasi scabri, abbelliti semplicemente dalla naturalezza delle scene narrate. Versi che, ridotti all’osso di un soggetto, di un predicato verbale e un complemento, delineano un ritmo sincopato, quasi asmatico. In questo processo di sintesi del periodo, si rinuncia con facilità al lusso di descrizioni troppo cariche, alla pompa di contesti inutilmente elaborati. Persino al rigore di una punteggiatura troppo serrata, che in effetti svanisce progressivamente da un capoverso all’altro. Il risultato è simile a quello che si verifica nel carbone quando è sottoposto ad una pressione estrema: le impurità della materia scompaiono, lasciando spazio alla perfezione del diamante. Così è anche per questi versi, pressati e concentrati fino a divenire piccole gemme di chiarezza: piccoli capoversi, dove si concentrano abissi enorme significato, talvolta appoggiandosi alla metafora di un aggettivo o alla suggestione di una similitudine.

            “Le cose semplici mi riescono male”, recita il poeta nell’incipit della prima poesia proposta. Eppure l’intreccio di immagini poetiche del suo repertorio disegna un’opera esemplare per semplicità e chiarezza espressiva. Il prezzo di questa apparente semplicità è un lavoro sottile di sublimazione, un labor lime estenuante. “Un millimetro alla volta”: si legge fra le righe delle sue poesie e si intuisce una fatica paziente, fatta di ritagli fugaci del quotidiano e di ricordi cesellati fino all’esasperazione.

            Quello che rimane appeso al foglio, alla fine, è solo l’essenziale: l’esperienza di una vita ripulita dalla vanità del successo o dall’ansia di possesso.

Solo piccole tracce di cenere, quando la sigaretta è giunta alla fine e mozziconi che ardono ancora.

Prima di buttare via la cicca e tornare a sé stessi. (Nerio Vespertin)