Premio Bologna in Lettere 2023
Sezione C (Poesie singole inedite)
Nota di lettura su Stefano Massari
Ho visto il lato bianco della morte
Avendo alle spalle una maturità artistica consolidata in tante prove convincenti, Massari riesce in un solo testo a mostrarci tutta la sua maestria. Di primo acchito si coglie subito una vera e propria alchimia del suono che, grazie alla tessitura accortissima delle vocali accentate, stabilisce una musicalità sismica, profonda – più profonda delle rime – cui la nostra voce interiore aderisce spontaneamente, ripetendola come un incantesimo. Sequenze come morte – malinconica – materica, prudente – paziente, o ancora opere e ombre – mondo – buio – giorno e ritorno sembrano liberare correnti magnetiche, campi di forza entro cui respiro, musica e balbettio sillabico del significante entrano in risonanza con i significati, li fanno vibrare su una lunghezza d’onda nuova. La metrica liberata, con le intersezioni fra le pause a metà del verso e le sospensioni fluide dei frequenti enjambement crea poi scansioni inaspettate, disegnando prospettive e spazi in cui si dipana la poesia come fluido montaggio d’immagini, certo erede del surrealismo e delle neoavanguardie (e penso soprattutto ad Antonio Porta), ma che al tempo stesso mantiene l’asciuttezza, l’essenzialità potente, la solennità austera del «grande stile». Quello che Massari mette in scena è un compostissimo teatro della crudeltà: uno sguardo impietoso sul nostro esistere, in cui i corpi si trasformano in colori e lampi di luce, come su una pellicola o in un video; e in cui l’asprezza dell’esistere, il dolore e la paura si dissolvono per coagularsi infine nelle forme febbrili e fragili dell’utopia: la felicità del corpo amato.
(Vincenzo Bagnoli)