Enea Roversi vs Valentina Demuro

Bologna in Lettere 2024

Colpi di voce

Le note introduttive

Enea Roversi vs Valentina Demuro

 

La prima raccolta poetica di Valentina Demuro, pubblicata nel 2017, aveva come titolo Piccoli passi ed è proprio a piccoli passi, senza accelerazioni, con sobrietà e discrezione che Valentina ha percorso in questi anni la propria avventura poetica, fino alla sua nuova raccolta, Che i fichi nascano rossi, uscita quest’anno con la casa editrice peQuod.

Fin dal primo testo proposto possiamo apprezzare il tono delicato della scrittura di Demuro, che è a mio avviso il timbro stilistico dell’autrice: «La nostalgia delle cose / riduce le forme del reale / e non sono più alberi / gli angoli verdi del gioco / e non sono più uomini / quei nomi.».

Siamo di fronte a una poesia detta con voce sommessa, mai urlata e che arriva innegabilmente a comunicare in profondità, con le parole giuste al posto giusto.

La nostalgia di cui parla il testo sopra citato è un sentimento ben presente nella poesia di Demuro: i luoghi di origine, la famiglia, gli affetti hanno un posto importante, ma non vi è nulla di tedioso o stucchevole nella nostalgia dell’autrice e ogni ricordo, ogni frammento esistenziale, ogni singola porzione di vita vissuta vengono riportati con sincero attaccamento e contemporaneamente con controllato realismo.

È un costante guardarsi attorno, nel tentativo di comprendere il mondo circostante, ma allo stesso tempo lo sguardo volge all’indietro, cercando punti di riferimento nel microcosmo del proprio vissuto: troviamo così, all’interno della raccolta di Demuro, alcune poesie dedicate alle figure della madre e del padre.

A tal proposito vorrei citare, tra i testi proposti oggi, alcuni versi: «Nei capelli bianchi di mio padre / ho la vertigine di un tradimento / come di chi adorna gli spazi delle attese / sapendo che svernerà il mare / e si farà di luce.» e poi «Una lacrima piega mio padre / lo invecchia di colpo / lo fa più bambino / nel vuoto improvviso / di sua madre.» nei quali è visibile in tutta la sua sincera lucentezza la vena malinconica che attraversa i testi dell’autrice.

In un altro testo Demuro scrive «Abbiamo osato troppo / come rami / sospesi in un inverno sconosciuto»: questo senso di sospensione è un altro elemento primario della poetica di Valentina Demuro, lo ritroviamo spesso; si pensi per esempio a versi come «se tu arrivassi adesso / e mi prendessi all’improvviso / come un vento» oppure «attraverso / una finestra in mezzo al buio» o ancora «Nessuno mi tocchi o parli / lasciatemi sola / alla pietà della mia terra / al mandorlo che non si può sfiorare».

Sono visioni che in poesia ritroviamo con grande frequenza: spesso ci lasciano però il senso di vacue osservazioni di foto ingiallite, con un’aura di forzata malinconia a rivestire vecchi ninnoli e vecchie stoviglie polverose.

Il pregio di Valentina Demuro è invece quello di non annoiare mai con la sua scrittura che pure, come si è detto, è pervasa di malinconia, di nostalgia, talvolta anche di dolore: l’autrice non eccede mai nelle proprie descrizioni, si mantiene alla larga da quell’annacquato merinismo in cui talvolta ci si imbatte leggendo certa poesia odierna, ma rimane invece ben salda nella propria poetica. «Tornare daccapo bisogna / per credere possibili altre vie / legare pazientemente la corda / attorno all’innesto su queste macerie» scrive Valentina Demuro: tra passato, presente e verso il futuro, a piccoli passi il suo cammino poetico continua e sono convinto che sarà un cammino ricco di nuove e stimolanti gratificazioni. (Enea Roversi)