Bologna in Lettere 2024
Colpi di voce
Le note introduttive
Enea Roversi vs Anita Piscazzi
Anita Piscazzi ci presenta oggi una serie di testi tratta dalla raccolta L’erranza, uscita nel 2023, pubblicata da peQuod nella Collana Portosepolto curata da Luca Pizzolitto, più un testo inedito: quello che inizia con i versi La fioritura di Kyoto coprirà la visione / su questo basso mondo il quale, per altro, si amalgama assai bene con i testi già editi.
Ho già avuto modo di occuparmi di questa raccolta in un articolo sul mio blog Tragico Alverman e quindi riparto da quanto avevo scritto in quell’occasione.
Che cos’è l’erranza? Il Vocabolario Treccani la definisce così: «s. f. [dal lat. tardo errantia], ant. – Stato d’errore, oppure di dubbio, di confusione della mente o dell’animo».
Che cosa ha dunque a che fare con l’errore, il dubbio e la confusione l’ultima raccolta poetica di Anita Piscazzi che s’intitola, per l’appunto, L’erranza?
Credo che il dubbio e l’errore siano i soli elementi, tra i tre, che si possano ritrovare nei versi di Piscazzi: non vedo, invece, nessun tipo di confusione nella sua scrittura, ma al contrario una visione chiara di quello che è la vita, pur tormentata da incertezze e da paure.
Mente e anima sono strumenti che operano con estrema lucidità nella scrittura di Piscazzi, sempre alla ricerca di nuove strade da percorrere, di nuovi sentimenti da descrivere.
L’erranza della scrittrice si potrebbe paragonare a quella del fotografo francese Raymond Depardon, che tra il 1999 e il 2000 realizzò una serie di fotografie in bianco e nero intitolata Errance: paesaggi metafisici, un mondo immobile e denso di atmosfere rarefatte.
Le stesse atmosfere rarefatte che ritroviamo nei versi di Piscazzi, con le sue erranze tra mito e realtà, le immagini oniriche, i contrasti e le variazioni di tono che danno alla raccolta un ritmo musicale: non a caso Anita è artista eclettica che si occupa di scrittura e di musica, due discipline che molto spesso unisce anche nelle sue performance.
La natura è presente in modo preminente, con immagini prese dal mondo vegetale e animale: troviamo così cratere, ramo, muschi, acqua, orto, fiore, biancospino, roseto, campi elisi, gigli in fiore, luna e ancora falchi, allodole, serpi, cammello, pesce.
Mi piace dunque pensare a L’erranza come un inno alla bellezza della vita, al mondo in perenne movimento, alle mutazioni del tempo e della natura, come testimoniano questi versi: Tutto questo è come un sogno, / così la luna diventerà un pesce, /la montagna un cammello, / ogni cosa sarà nella trasformazione.
Le poesie di Anita Piscazzi sono un insieme di scrittura e partitura, dove le sensazioni della pelle e dell’anima affiorano nette: inganno, incanto, smarrimento, privazione, silenzio, tenebra. È presente il senso della morte (Se tutto è l’inganno del fare, / dove vanno le voci dei morti / che ogni notte si addormentano con me?) oppure (Così dall’orto dei morti ti alzerai / e sarai il mio primo fiore colto.), ma, sempre per quel gioco di contrasti di cui si accennava, la luce alla fine erompe, fragorosa o attenuata, ma sempre rischiarante e positiva: si prendano a esempio i versi (Il tuo lampo sarà pura luce.) oppure (Il ritorno dell’inverno promette / una luce nuova.) o ancora (Accoglimi Angelo di luce).
Traspare sempre la grande curiosità di Anita nei confronti del mondo, tanto da dichiarare, in un testo (L’occhio cerca nel mondo il suo profumo / per vedere l’invisibile.) e chiedersi poi, nel verso successivo: Tu cosa cerchi con tanta cura ?)
Che cosa cerca o meglio che cosa ricerca Anita Piscazzi attraverso la sua poesia?
Lasciamo che sia lei a dircelo: ascoltiamola, leggiamola e percorriamo con lei questo viaggio all’interno dell’erranza. (Enea Roversi)