Premio Bologna in Lettere 2024
Sezione B – Raccolte inedite
Nota ad Attendere l’assente
di Fabio Prestifilippo
Ci sono due assenti, resi presenti dall’attesa, nelle due sezioni di questo libro. Il primo assente è quello, per antonomasia, di chi non c’è più, di chi ha trovato la morte. Il secondo assente, di cui si attende l’arrivo, potrebbe a propria volta essere definito una morte, una piccola morte, come nell’uso francofono. Un binomio romantico, dunque: amore e morte; o, se preferiamo, un lamento funebre, un dialogo dark con fantasmi, anche erotici.
Il libro di Fabio Prestifilippo si apre con una citazione da Eliot, da The Waste Land, forse il brano più noir dell’intero poemetto, dalla prima sezione, “La sepoltura dei morti”, dove la folla londinese viene descritta come gli ignavi danteschi, e al conoscente interpellato si chiede se il cadavere piantato nel giardino l’anno scorso abbia iniziato a germogliare. Poi, ecco che, nel primo componimento, il corpo ci appare nella forma di qualcosa che viene desiderato da colui che non lo ha più, forse la persona della quale, poco più avanti, si parlerà al telefono (come in una eco da Montale) per scoprire che di vivo ne rimane solo il nome. Gli oggetti, le cose, i corpi si stagliano, attraverso le parole che li nominano, vivono, definiscono la situazione. Senza luogo (come dal titolo della prima sezione) è l’anima assente che continua a sentire il desiderio, che continua a definire – per contrasto – la presenza del mondo.
Il medesimo desiderio, nella seconda sezione, è quello che caratterizza, cattolicamente, come da titolo, la colpa. È il desiderio sessuale, ancora il desiderio di un corpo, il desiderio della vitalità estrema dell’orgasmo. Ma gli oggetti, le cose, i corpi che la scrittura chiama in causa per mettere in scena questo secondo desiderio sono in fondo gli stessi del primo: “nei luoghi abissali del riposo / il corpo rivuole la sua carne / e il sesso la moneta d’oro del riscatto”. Il sudario, l’oltrevita, la fine del respiro, sono presenti anche qui, come se la piccola morte non fosse meno morte di quella grande, vera – la quale, tra l’altro, torna in gioco, progressivamente, man mano che si procede verso la fine del libro.
non ti chiedo di ridare
al corpo la sua forma originale
di nutrirlo, di essere per lui
un’accogliente dimora
una chiusa d’acqua tiepida e pulita
ora abita ciò che avanza,
non avere fretta di tornare
dagli acqua e aria, sii gentile
e ricordati di non morire
Qual è l’assente che si sta attendendo qui? La morte piccola, oppure quella grande? Eros abbraccia Thanatos, ricambiato. Una luce oscura bagna tutti i nomi, e le cose da loro evocate. (Giusi Drago)