Premio Bologna in Lettere 2024
Sezione C – Poesie singole inedite
Essere europei oggi vuol dire sentirsi a casa in ogni lingua, attenuare la frattura fra la lingua madre e la lingua d’arrivo, ricomporre un’unità e un’identità grazie proprio all’esperienza linguistica, che invece di indebolirci ci rafforza. Non possiamo, come scrive la sociologa e poeta Melita Richter, non sentirci profondamente ed affettivamente cittadini del mondo, difendendoci dal «paradigma della disgiunzione» e da quello dell’omologazione, per reclamare il nostro poter essere comunità pur nella differenza linguistica, come varietà preziose a rischio di estinzione. Così come «La valigia del migrante è un mausoleo col manico», scriveva Julio Monteiro Martins in Libri migranti (Cosmo Iannone editore, 2015), «sono stato io stesso valigia quando ho realizzato, traducendo, la fusione delle lingue che mi componevano». L’interessante lavoro poetico che conduce da anni Andreina Trusgnach è riscoprire la lingua slovena, propria della sua minoranza linguistica in Friuli, e farne la propria valigia linguistica rileggendola nell’italiano, per veicolare poesia, e restituirci l’atmosfera e la cultura di un paese e di una popolazione di confine. E’ importante oggi dare voce, come fa Trusgnach, a una scrittura transnazionale, vera avanguardia letteraria di questo secolo, che nasce da una ferita ma anche da un doppio patrimonio culturale, per ricomporla con la poesia, come scrive un’altra poeta italofona, Eva Taylor: “Io vivo con due bocche/ e parlo con tre lingue. / Forse per questo/ le parole si spezzano/ come denti in frammenti:/ in polvere si posano sull’ortografia/ e la nascondono./ E non c’è corona che tenga i tessuti orali”.
La poesia di Andreina Trusgnach è fatta di immagini solo all’apparenza naturali e pacificate: dietro ogni ricordo, ogni breve istantanea, si nasconde l’impercettibile e costante lotta e l’invito pienamente civile a riconquistare il proprio diritto a una esistenza piena e realizzata. Così la pozzanghera, troppo presto asciugata e resa polvere sulla strada bianca non potrà più rispecchiare “i nuovi sogni/ e le bianche nuvole”; sogni che marciranno presto, come le mele rosse rimaste dimenticate sull’albero, nei rami troppo in alto, sogni che tornano a bussare però “prepotenti/ mai vinti”, come i progetti che forse si avvereranno, “sempre se la pioggia/ non diverrà grandine/ e se le nuvole // non verranno macinate/ dalle grandi pale/ che il vento fa girare”. (Loredana Magazzeni)