Premio Bologna in Lettere 2024- Note critiche e appunti di lettura – Laura Liberale vs Paolo Pistoletti

Premio Bologna in Lettere 2024

Sezione A – Opere edite

 

Al di qua di noi, Paolo Pistoletti (Arcipelago itaca, nella collana Mari Interni diretta da Danilo Mandolini, con prefazione di Fabio Franzin, 2023).

 

Il vero tempo non passa.\Lo spazio è già tutto qui, è già tutto qui.\Quindi non spostarti, ma siedi\e impara. È con questo esergo che il libro di Pistoletti fa intuire da subito la sua portata esperienziale e spirituale. Un esergo dalla risonanza potentissima: fermati, siediti, stabilizza il tuo corpo e la tua mente, apriti alla presenza nell’istante, all’interconnessione del tutto nel tutto; un insegnamento offerto da qualcuno che in quel tutto è andato (o tornato) a “dileguarsi”, a fondersi.

Le carte sono messe in tavola senza esitazioni: questa lettura è (o è anche) un percorso meditativo, e come tale va avvicinata.

Il corpo-casa si pone nell’immobilità e nel trascendimento linguistico (le vecchie parole, la vecchia sintassi non possono che incepparsi ora), il “micro” di foglie, muri, temporali, alberi si squarcia improvvisamente nel “macro”: Dall’incessante giungo.\A lui ritorno.\Fine pena mai.\Si carica un altro mondo\da qualche altra parte\che non so. Così un altro io\che sarò stato\si sottrae dal mio nome. Eco upaniṣadica, una sorta di condanna saṃsārica: Mi succedo\dal mio sé.\Dal non ricordo oramai\di quante vite. Vivi, morti e mai nati coabitano, come nel film di Amenábar, occupano i reciproci coni d’ombra, si confondono, confondono le identità, le diluiscono (non sono questo, non sono quello: la presa in prestito del neti neti hindū?). Anche ciò che più è concreto, la terra con la sua materialità, la terra, misura, confine, bordo, diventa limine dell’ambiguità, campo di superamento degli opposti: (…) Ma solo\un campo d’erba che ti sfiora\e non ti sfiora mentre ci sei\e non ci sei. E poi ecco il non più velato omaggio all’India: il principio antropogonico del fuoco dei Pitṛ, i Padri, nel loro ultimo viaggio di legna, i Padri che abbandonano le cose a loro stesse, coi figli tornati bambini a impuntarsi per continuare a vivere in quell’assenza.

Pare a me davvero che questo libro sia un tentativo di dire l’ineffabile (Vorrei dire l’essere che ci respira.\Dal buio del diaframma\riemerso), e di farlo dal trampolino della quotidianità e dei suoi affetti (versi splendidi questi: Con la nonna che ci tenebrava\la stanza come quando è ora\che si deve andare ma coperti\da una lenta coltre\di bene): gli Andati sono ovunque, sono paesaggio, bosco da attraversare, corpi di luce e colore, densità e rarefazione; ci siedono accanto nelle vecchie auto della giovinezza, negli scompartimenti dei treni, svaporano nel molteplice, retrocedendo dal di qua, dall’ingombro, dal calco\di chi li accompagna fino a un certo punto. (Laura Liberale)