Bologna in Lettere 2020 – International Poetry Review – Michael Montlack

 

 

Michael Montlack is editor of the Lambda Finalist essay anthology My Diva: 65 Gay Men on the Women Who Inspire Them (University of Wisconsin Press) and author of two books of poetry from NYQ Books: Cool Limbo and Daddy. Recently his poems appeared in North American Review, Cincinnati Review, Poet Lore, The Offing, Hotel Amerika, Court Green, and Los Angeles Review. His prose has appeared in Huffington Post and Advocate.com. He lives in NYC.

 

****

 

Ancient Aliens

 

 

While you’re Just doin’ weekend chores

with your boyfriend (or is it fiancé now?),

I’m gorging again on The History Channel,

trying to convince myself I might meet

someone at the gym if only I could levitate

from my sofa with the same ease and grace

Chinese Myths assigned to “flying dragons”

some Ph.D. (with A Flock of Seagulls haircut)

insists were aircraft awing naïve ancestors.

 

They just didn’t have a name for it.

 

I didn’t have a name for it either. The alien

sensation that descended that afternoon

your boyfriend—my long-time friend—

finally introduced his new beau. A hand-

shake charged like the jolt that same Ph.D.

suggests was not the lightning of Zeus

scalding humans from Mount Olympus

(perhaps for a vice like coveting?) but

a glowing beam, some otherworldly force

from some bird-thing landing from beyond.

The aliens suddenly all the men I believed

I had loved. Dwarfed now from the top

of a pyramid I couldn’t recall climbing.

Always falling short. Not enough. Not it.

 

Whatever it was.

 

I just never had a name for it. Until you

offered yours. And I was struck dumb,

a stargazing primitive willing to carve

your likeness into cavern walls, learn

your language, spend a whole lifetime

flattening the earth into a landing pad

in case you might visit again.

 

 

 

Antichi Alieni

 

 

Mentre stai giusto facendo le commissioni del weekend

col tuo ragazzo (o siete proprio fidanzati ora?),

io mi sto sfondando di nuovo di History Channel

cercando di convincermi che potrei incontrare

qualcuno in palestra se solo riuscissi a sollevarmi

dal divano con la stessa facilità e grazia

che la mitologia cinese attribuiva ai “draghi volanti”

che secondo qualche professorone (con taglio newave)

erano antenati naif ispirati agli aerei.

 

Solo che non sanno come chiamarli.

 

Neppure io avevo un nome. Quella sensazione

aliena che mi invase quel pomeriggio in cui

il tuo tipo – il mio vecchio amico –

finalmente presentò il suo nuovo amante. Una

stretta di mano caricata come quel colpo che lo stesso

professorone sostiene non fosse un fulmine di Zeus

a friggere gli umani dal Monte Olimpo

(magari per il vizio di sedurre), ma un

raggio luminoso, una qualche forza spirituale

da qualche cosa- uccello venuto dall’aldilà.

Gli Alieni all’improvviso sono tutti gli uomini

che ho amato. Che ora appaiono così piccoli visti dalla

cima di una piramide che non ricordo di avere scalato.

Mai all’altezza. Mai abbastanza. Mai quello.

 

Qualunque cosa fosse.

 

Semplicemente non avevo un nome per quella cosa.

Fino a che tu non ci donasti il tuo. E restai muto,

un primitivo col naso all’insù desideroso di

incidere la tua figura nelle pareti della caverna,

imparare il tuo linguaggio, passare un’intera esistenza

a trasformare la terra in una pista di atterraggio

in caso tornassi a farci visita.

 

 

 

Homosexuality

 

 

So long at the bottom of the well—

occasional shafts of sunlight

disturbing the darkness—my eyes

calibrated to decipher shadows

for other nocturnal creatures.

 

Always there were none.

 

When the rope finally lowered,

I was so delirious with fever

I nearly looped my neck with it,

instead of my waist, expecting

to be booby-trapped at the top.

 

It’s okay. I’ll get you outta there!

The voice familiar—my own?

Maybe. I’d never really heard

what I sounded like. Unless this

was the trap? Wait! Too late—

 

he was pulling me through

the well’s mouth. Gathering me

into his arms. Breathe. Breathe.

Everything seemed jeweled

with a glare. Even his badge.

 

Engraved with my name?

 

Preoccupied by the charge

I inherited, I almost forgot

my note scratched nightly

into the well’s stone walls:

By the time you read this …

 

Scars in my fingerprints.

 

 

 

Omosessualità

 

 

Per tanto tempo sul fondo del pozzo –

sporadiche lame di luce

ad infastidire l’oscurità – i miei

occhi tarati a dire le ombre

per altre creature notturne.

 

Non ce ne era mai nessuna.

 

Quando la fune fu finalmente calata,

ero come in preda ad un delirio febbrile

che per poco non l’ho messa intorno al collo,

invece che in vita, aspettando

di essere sollevato fino in cima

 

È tutto okay. Ti tirerò io fuori da qui!

Una voce familiare – la mia?

Forse. Non avevo mai del resto

sentito come fosse. O forse

questa era la trappola? Aspetta! Troppo tardi –

 

mi stava già tirando fuori

dalla bocca del pozzo. Accogliendomi

tra le sue braccia. Respira. Respira.

Sembrava tutto come dorato

di luce abbagliante. Anche il suo distintivo.

 

Col mio nome inciso?

 

Preoccupato dal carico

che avevo ereditato, avevo quasi

dimenticato l’appunto inciso di notte

sulle pareti del pozzo:

Quando leggerai questo…

 

Cicatrici nell’impronta digitale.

 

 

 

Toast

 

 

Once a woman who lost her mother

told me the story of a guru rushing

to satisfy his dying mentor’s last wish.

 

For bread. “You see,” the woman said,

“if he died with an unfulfilled desire,

big or small, he’d risk reincarnation.”

 

She believed her mother’s dementia—

an almost-infancy—had completed

such a cycle. Her mother, never truly

nurtured, finally cared for like a baby.

 

*

 

Later, my sister shared

my mother’s last words: Get Michael!

 

I didn’t make it in time.

 

For months I’ve dreamed of a curtain.

No window. Just the curtain. Hanging

in the center of an empty room. Heavy

velvet. Dark grey. Swaying in a breeze

I can see but not feel.

 

I think my reincarnation’s inevitable.

 

At night I whisper: Shall we be friends

next time? Cousins? How about sisters?

 

Though I am certain I will be her mother.

 

 

 

Augurio

 

 

Una volta, una donna che aveva perso la propria madre

raccontò la storia di un guru che corse a soddisfare

l’ultimo desiderio del suo mentore in fin di vita.

 

Il pane. “Vedi”, disse la donna,

“se fosse morto con desideri non soddisfatti,

piccoli o grandi, avrebbe rischiato la reincarnazione.”

 

Credeva che la demenza di sua madre –

una quasi infanzia – avesse portato a termine

un tale ciclo. Sua madre, mai realmente

nutrita, infine accudita come un bambino.

 

*

 

Più avanti, mia sorella avrebbe condiviso

le ultime parole di mia madre. Trova Michael!

 

Non arrivai in tempo.

 

Per mesi ho sognato una tenda.

Senza finestre. Solo la tenda. Appesa

al centro di una stanza vuota. Pesante

velluto. Grigio scuro. Gonfiata da una

brezza che vedo e non sento.

 

Credo che la mia reincarnazione sia inevitabile.

 

Di notte sussurro: Saremo amici

la prossima volta? cugini? magari sorelle?

 

Sebbene sia certo che sarò sua madre.

 

(Traduzioni Alessandro Brusa)