Il titolo del libro, Le nostre (de)posizioni (Bonanno editore, 2020), ricalca e deforma il titolo di un volume di Corrado Costa (Le nostre posizioni). Perché Costa? Perché Costa rappresenta una delle eredità non raccolte dalla contemporaneità poetica emiliana, perché era anch’esso emiliano, perché è citato in epigrafe, perché diceva che: “ Il luogo della poesia torna sempre fuori, anche se il poeta è senza luogo”, ma è anche vero che il luogo del poeta si trova là dove il poeta in quel determinato momento opera o, se preferite, fa opera-di-sé. Ed è anche per queste ragioni che, in quella che è la nostra delimitazione territoriale, i confini tra nativo e straniero dovrebbero essere definitivamente aboliti.
Si potrebbe dire, tanto per cominciare, che l’approccio di Enzo Campi sia francesista e quello di Sonia Caporossi sia germanista, almeno dal punto di vista filosofico. I lettori si troveranno di fronte a una prima parte più combinatoria e a una seconda parte più analitica. Ognuno dei due autori si getta nella visitazione di 10 poeti contemporanei che hanno qualcosa a che fare con l’Emilia Romagna, in qualità di nativi residenti, nativi deterritorializzati e stranieri adottati. Non sappiamo se si sentisse effettivamente il bisogno di un saggio che facesse il punto o che disseminasse punti di vista e di ascolto ulteriori a ciò che viene «spacciato» come poetico in Emilia Romagna. Fatto sta che quest’opera, almeno nelle intenzioni a monte, non intende colmare presunte lacune né tantomeno veicolare dogmi inalterabili o concetti inappuntabili.
Si parte da due punti fermi, forse gli unici dati di fatto dell’intera opera (tutta l’opera verte difatti sull’attraversamento incondizionato del registro dei possibili): da un lato il rifiuto categorico di una scala oggettiva di valori e dall’altro lato la trans-territorialità.
In poesia, oggi come oggi, sarebbe deleterio nonché inutile redigere una classifica e operare in base a presunte differenze di valore. In poesia quindi non si dà oggettività, ma questo non vuol dire che si debba operare tenendo conto della propria soggettività, ovvero del proprio gradimento verso una o più poetiche specifiche. Difatti gli autori che vengono visitati dalle penne dei due critici sono stati scelti, tra i tanti papabili, solo per la possibilità che hanno le loro poetiche di ricondursi a una serie di concetti che vengono, di volta in volta, affrontati nel corso del lavoro.
Resta da precisare che gli autori non saranno trattati nello specifico di una determinata opera ma nell’insieme della loro produzione complessiva e, soprattutto, tenendo conto del loro modo di approcciarsi o di rendersi prossimi a quella che è l’unica costante a cui tutti i praticanti della scrittura dovrebbero relazionarsi, ovvero all’estensione, alla messa in atto di un gesto, in due sole parole: al conferimento di energia e tensione al testo. Il tutto all’insegna di una tecnica, di un metodo e quindi di una presunta maturità di linguaggio. Per queste (e altre) ragioni, in linea di massima, non si è tenuto conto di autori sicuramente meritevoli ma con all’attivo una sola opera o comunque poco più che esordienti.
Così come è giusto che sia, al di là dell’impostazione generale, essendo due le penne scriventi ci si troverà dinanzi a due diversi approcci e a due diverse focalizzazioni dei punti salienti da argomentare.
L’opera consta quindi di due parti. La prima parte a cura di Enzo Campi tratta le poetiche di Alessandro Assiri, Giorgio Bonacini, Vito Bonito, Martina Campi, Mariangela Guatteri, Gian Ruggero Manzoni, Lorenzo Mari, Giusi Montali, Giancarlo Sissa, Maria Luisa Vezzali. La seconda parte, a cura di Sonia Caporossi, tratta le poetiche di Gian Maria Annovi, Vincenzo Bagnoli, Alberto Bertoni, Alessandro Brusa, Adriano Engelbrecht, Mariangela Gualtieri, Alberto Masala, Gabriella Montanari, Maria Pia Quintavalla, Sergio Rotino.
Giorgio Bonacini – (1955) Correggio (RE), dove vive. Negli anni 70/80 ha fatto parte, con esecuzioni Fluxus, del gruppo Simposio Differante. E’ stato collaboratore di redazione della rivista di estetica Parol. E’ redattore della rivista Anterem e ha pubblicato testi poetici e critici su varie riviste, tra cui: Poesia, Il Segnale, L’immaginazione, Tracce – Cahiers d’art. E’ presente su alcune antologie, tra cui: ANTE REM; VERSO L’INIZIO; TRENT’ANNI DI NOVECENTO. Con il fotografo Roberto Dittamo ha allestito l’esposizione di fotografie e poesie LE FORME DEL SUONO – Correggio (RE) – 2013. Ha pubblicato in poesia: Non distruggete l’immondizia; Teneri acerbi (21 poesie); L’edificio deserto; Sotto la luna (con Giovanni Infelìse), Il limite; Falle farfalle (con Alberta Pellacani); Quattro metafore ingenue; Sequenze di vento; Teneri acerbi (53 poesie); e l’e-book Infanzia dei nomi.