Premio Bologna in Lettere 2020
I premi speciali del presidente delle giurie
Laura Cingolani
Mi trovo a occuparmi di nuovo, con grande piacere, della poesia di Laura Cingolani, di cui avevo già ammirato la notevole raccolta Mangio alberi e altre poesie (Edizioni del Verri, 2019), seconda classificata al Premio Bologna in Lettere 2020 nella sezione Poesia Edita.
Cingolani propone qui due nuove sillogi inedite, intitolate rispettivamente Fare lo spazio e Poesie per la strada: non c’è la poesia-manufatto di Mangio alberi e altre poesie, ma un tipo di scrittura più tradizionale, almeno per quanto riguarda la parte visuale e per quanto si possa parlare di tradizionale a proposito della poesia di Cingolani.
Fare lo spazio comprende quindici testi: cominciamo dalla fine, dall’indice, in cui i titoli dei testi vengono rimaneggiati dall’autrice, attraverso cancellature che coprono parte delle parole che li compongono. Così, provando a leggere le parole rimaste, come si fa in certi giochi enigmistici, risulta prendere forma un nuovo testo: A volte quel vuoto diventa / l’immagine di me / Le cose si dimenticano / Qua per esempio ho tolto tutto / Poi / i miei capelli parlano / Passi / nella stanza / Sotto / la bruma.
Non siamo di fronte alla letteratura come gioco, ma a una scomposizione e ricomposizione della parola, una destrutturazione del testo, con la capacità che ha Cingolani in questo.
La parola, una volta scritta, non si esaurisce, ma viene anzi reinventata, assurgendo a nuova vita.
Non un gioco letterario, dunque, ma un lavoro di ricerca: anche se la ricerca può essere, perché no, giocosa.
Lo spazio di cui si parla in questa silloge è sia quello esterno, che ci circonda e di cui siamo infinitesima parte, sia quello interno a noi stessi: l’autrice cerca quindi di fare spazio, di fare chiarezza. È un’osservazione sensoriale su spazio e tempo quella che compie l’autrice: C’è un sacco di / spazio, c’è / un tempo incalcolabile e / un sapore blu argento.
Ci sono le cose, viste con realismo, ma anche con ironia, per esempio quelle che si dimenticano: Le cose che si / dimenticano sono le più impor- / tanti / hanno il peso specifico degli / elefanti, e se ce li dimenti- / chiamo è pure meglio così.
E se in una pagina del testo appare, in emblematica solitudine, il verso lapidario: Qua ho tolto tutto, significa che Cingolani opera scelte sempre ragionate e mai improvvisate.
Ricorrono nella silloge i concetti di vuoto, di cancellazione, si esplorano le difficoltà nei rapporti interpersonali, ci si muove verso non si sa quale meta, per finire poi con il verso: portami lontano.
Poesie per la strada inizia con i versi per strada trovo un topo / un topo marcio e anche qui appare chiaro, fin da subito, che a Cingolani interessi ben poco scrivere versi accattivanti per piacere al lettore e ce lo confermano questi versi, contenuti nel medesimo testo: per strada butto il mio / sguardo e si apre uno squarcio / lercio / lercio e impuzzolito / pieno di microbi è garantito.
La silloge contiene numerose altre immagini condite della medesima crudezza (o crudeltà? Un po’ di crudeltà in fondo non guasta in poesia), per esempio: un cane di strada / che lecca la strada oppure sempre senza toccando ho / riempito il farabutto / di cotenna insulti e / rutto o ancora appoggio il mio pancreas / al centro della segnaletica / orizzontale come un / pancreas deve essere.
Cingolani ci racconta di un paesaggio urbano (e suburbano) visto attraverso gli spostamenti quotidiani: le strade, le automobili, la metro, i cartelli, i semafori, i centri commerciali, le persone sconosciute, gli amici, gli incontri.
I suoi testi parlano con un linguaggio schietto, privo di orpelli e manierismi, volutamente impoetico.
Sono testi che si possono idealmente visualizzare: si ha infatti la percezione di vedere, attraverso le parole, le immagini di volta in volta descritte.
Compaiono con aspra naturalezza, quasi come graffiti sui muri: hanno tinte forti e segni decisi, a marcare il territorio della pagina.
Altre volte invece hanno tinte un po’ fosche, crepuscolari, con atmosfere che rimandano alle visioni notturne di Hopper.
La scrittura di Cingolani è piena di invenzioni e sembra quasi un paradosso il verso con il quale inizia l’ultima poesia contenuta nella silloge e che recita Qui c’è da inventare quasi tutto.
Fare lo spazio e Poesie per la strada confermano il talento originale e nitido di Laura Cingolani, la sua capacità di evocare immagini, di comporre quadri con le parole.
Due sillogi brevi, differenti ma verosimilmente complementari: non è escluso, secondo me, che in futuro possano confluire in un’unica opera edita e mi auguro anzi che possa avvenire presto. (Enea Roversi)
Foto di Dino Ignani
Laura Cingolani è nata ad Ancona e vive a Roma. La sua ricerca integra classicismo e sperimentazione con soluzioni spesso multiprospettiche, multidisciplinari, intermodali. Conduce laboratori di poesia e arteterapia. Ha pubblicato in diverse antologie (Empirìa, Venerea, Fondazione Baruchello, NoReply, Le Lettere, Chain Links, Nino Aragno, Fusibilia) e riviste (Liberatura, Catastrophe, Accattone, Aufgabe, Le reti di Dedalus, Grow!). Con Alessia Consiglio ha realizzato i libri tattili “Nell’uovo” (2017), “Colori” (2019), “Il rizoclasto – pianta vagabonda” (2020) e “Momento” (2021). Del 2019 è il suo libro “Mangio alberi e altre poesie”, edizioni del verri, Milano.