Sergio Rotino, Narrazioni
Alla ricerca del fiato
Si legge Narrazioni di Sergio Rotino come permanendo in apnea. Il fiato si consuma progressivamente, senza poterlo tirare; o potendolo tirare solo quando si riesce a tornare a galla, a fine verso, per un attimo – di solito controtempo, a metà di una corsa che è necessario interrompere. Ma poi bisogna recuperare l’attimo perduto. È l’apnea di chi non sta davvero controllando la situazione: non un sub esperto ma qualcuno che potrebbe annegare se si distraesse, perché, se si distraesse, la situazione magari lo travolgerebbe; e allora, ahi!
In queste condizioni non importa certo che il fondo marino sia bello, che sia brutto… Come in un paesaggio onirico, le narrazioni mediatiche e quelle tradizionali mediatizzate scorrono senza poter essere fermate, senza poter essere godute. Per un attimo risvegliano sensazioni, ricordi: Kal-El, Biancaneve, Madame Bovary, Lolita… Come figure lontane nel flusso dell’acqua, soverchiate da un presente ansiogeno, e comunque interrotte inesorabilmente dalla presa del fiato, momento di sollievo, sì, ma anche il momento in cui si fermano i sogni.
Fahrenheit 451, Hänsel e Gretel… I racconti bruciano, le briciole di pane non servono più. Se è vero da un lato che le narrazioni formano la nostra coscienza e ci insegnano ad affrontare tutte quelle situazioni che non possiamo direttamente (ancora) vivere, dall’altro lato la società di massa le ha rese a loro volta merce, dispositivi di consumo, ricreazione, distrazione, divertimento, diversione. Pèrdono, in questo trattamento, il fondo oscuro del mito; rimangono pure storie, fole semivuote.
Eppure ci sono, stanno lì. Possono nuovamente essere riempite delle ombre che le attraversavano quando sono nate. Ed è quello che fa questo libro, raccogliendole a brandelli, citandole in disordine, rendendole presenti senza che rimangano consumo, stravolgendo la loro acquisita banalità in un nuovo e proficuo caos mitologico.
C’è un fondo che riemerge, un sottosuolo psichico dove persino le banalità portano sensi inquietanti; dove persino le banalità appaiono finalmente non banali, come ripulite della patina di invisibilità che il consumo produce sempre su di loro. Il motore funziona ad ansia, a reminiscenza, a speranza, ad attesa del respiro che continua a tardare. La poesia ti racconta, anzi ti testimonia, nel tuo essere composto di racconti: ci nuoti dentro, ci vivi dentro, un sogno inquieto. Il sogno della narrazione che produce mostri. (Daniele Barbieri)
1 Comment
Comments are closed.