DANIELE BARBIERI è un uomo dalle molteplici passioni / ossessioni, che spazia tra musicologia, critica letteraria, studio del fumetto e della letteratura illustrata, poesia, fotografia e anche botanica, come ci ha dimostrato e tuttora ci dimostra postando e spedendo volentieri bellissime foto del suo giardino. Anche nelle poesie proposte per la maratona di Bologna in Lettere, ci mostra immagini di fiori e piante, sebbene ottenute con le parole, per via sia associativa sia descrittiva. Ascolteremo versi tratti da quello che potrebbe essere il primo nucleo di una personalissima enciclopedia botanica, magari, ammettendo che alle parole si uniscano le foto, un dizionario botanico poetico illustrato, anche se, in mancanza di immagini, le poesie conservano al meglio il loro potere evocativo. Dalla bella di notte alla petunia, dall’eliotropio selvatico alla valeriana rossa, a ogni pianta viene dedicato un componimento che prende il titolo dal nome scientifico, latino della stessa. La mentuccia (clinopodium nepeta), di cui si dice che è buona coi carciofi, ci ricorda altre poesie di Daniele a queste affini che tessono trame musicali ed evocative a partire dai cibi, tra le quali ricordo, come lui ben sa, con particolare affetto l’ode alla mozzarella. Qui, invece, troviamo piante che si aprono a suggestioni erotiche e a dialoghi sentimentali, che imitano sessi femminili e maschili, ci sono ombrellifere che moltiplicano mondi, fiori simili a stelle imbizzarrite che solo le foglie grasse salvano da una poco auspicabile identificazione con poeti tronfi (un inserto ironico e forse anche autoironico?). Ci sono ancora piante che, simili alle esili sculture di Alexander Calder, diventano emblemi dei nostri funambolismi esistenziali e di una tensione verso l’oltre. Il giardino è un microcosmo magico, ricco di rimandi e segni da decifrare, il linguaggio segreto della natura che qui Daniele prova a decifrare insieme a noi, con gli strumenti della poesia. Un giardino ovviamente ricco di colori e brulicante di insetti, sul quale trascorrono la luce e il buio. In questi componimenti ritroviamo il versificare tipico di Daniele Barbieri, con versi lunghi scanditi in due emistichi disuguali oppure tripartiti, e strofe brevi, con i distici prevalenti a lasciare talvolta spazio a versi singoli, terzine e quartine. Il ritmo è sincopato ma più disteso rispetto ad altri componimenti dell’autore, invita a una lettura lenta, a un’esplorazione della natura descritta, con un dettato frammentato in particolare dalle ripetizioni e dalla figura fonica dell’allitterazione. (Francesca Del Moro)